Assunzione di Maria – Omelia del Vescovo Daniele

Nella Solennità dell’Assunzione di Maria, domenica 15 agosto 2021, il vescovo Daniele ha presieduto la Messa nella Cattedrale di Crema. Riportiamo di seguito l’omelia.

 

Mi ha colpito, ieri mattina, nella Messa feriale celebrata qui in Cattedrale, l’ascolto della prima lettura, un passo del libro di Giosuè, nel quale ritorna più volte l’espressione: «servire il Signore» (cf. Gs 24,14-16.19.21-24).
Dopo il lungo cammino dell’Esodo, il popolo di Israele si è ormai stabilito nella terra promessa e donata da Dio; e Giosuè invita il popolo a fare una scelta, se – cioè – «servire il Signore» o, invece, servire le divinità degli altri popoli: «Se sembra male ai vostri occhi servire il Signore, sceglietevi oggi chi servire: se gli dèi che i vostri padri hanno servito oltre il Fiume oppure gli dèi degli Amorrei, nel cui territorio abitate. Quanto a me e alla mia casa, serviremo il Signore» (v. 15).
Il resto del popolo condividerà la scelta di Giosuè; e il motivo fondamentale di questa scelta è che Israele ha fatto esperienza della liberazione ricevuta in dono da Dio (cf. vv. 17 s.). Il popolo di Israele ha capito (anche se poi tante volte se lo è dimenticato e ancora se lo dimenticherà) che il Dio al quale è invitato ad affidarsi è un Dio che libera e salva: per questo si può scegliere di «servirlo» – e questo verbo racchiude naturalmente tante cose, perché «servire il Signore» vuol dire, in definitiva, amarlo, adorarlo, e cercare di camminare nella via che la sua Parola propone all’uomo.
Ascoltavo questa lettura, ieri mattina, con il pensiero già rivolto alla festa di oggi, e a quella frase con la quale Maria, nel cantico di lode del Magnificat, parla di sé stessa come dell’«umile serva» del Signore (cf. Lc 1,48); con la stessa espressione, del resto, aveva dato il suo consenso a Dio, rispondendo all’annuncio dell’angelo: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola» (cf. 1,38).
Nella festa di oggi noi contempliamo l’Assunzione in cielo appunto della «serva del Signore», Maria di Nazaret; la contempliamo come colei che ha raggiunto per sempre la pienezza della vita in Dio; o – meglio – come colei alla quale è stata donata la pienezza della vita, perché nella sua libertà, sostenuta dal dono di Dio, aveva accettato di «servire il Signore» e, diventando la Madre del Figlio di Dio fatto uomo, di servire anche tutta l’umanità.
La festa di oggi ci dice, insomma, fin dove ci può condurre quel «servizio del Signore» che Maria ha vissuto in piena dedizione. Il popolo di Israele aveva sperimentato che «servire il Signore» è un cammino di libertà; Maria, l’umile e gioiosa «serva del Signore», fa la stessa esperienza; e ancora più profondamente ci dice che quando si è veramente liberi, perché resi liberi da Dio, allora si può fare della propria vita un servizio di amore; e che questo è il solo modo di onorare veramente la libertà che ci è stata data e di raggiungere la pienezza della vita.

Anche nei nostri giorni si parla molto di libertà; spesso – mi permetto di dirlo – in modi che mi sembrano banali, e a volte anche offensivi nei confronti di persone e popoli che vivono autentiche esperienze di schiavitù, oppressione e ingiustizia.
La libertà è una questione seria, tanto sul piano della nostra vita nel mondo, quanto sul piano della fede (perché, certo, per noi credenti la libertà è proprio il dono che ci viene da Cristo morto e risorto: cf. Gal 5,1 ss.). Guardando a Maria, mi sembra di poter dire: la libertà è precisamente la libertà di servire o, se vogliamo, la libertà di fare della propria vita un dono; di poter così disporre di sé, delle proprie scelte, del proprio tempo, dei propri beni, in modo nulla ci costringa, ci intralci, ci ostacoli, e tutto possa diventare dono.
Fa poca strada, credo, una libertà che si limita a rendere possibili le mie scelte egoistiche (san Paolo direbbe: una libertà che diventa «pretesto per vivere secondo la carne» – cioè, appunto, secondo l’egoismo: cf. Gal 5,13). Qualcosa di meglio è una libertà che, per lo meno – come si dice spesso – riconosce la libertà degli altri e i limiti che essa mi pone (cf. la frase spesso ripetuta: la mia libertà finisce dove incomincia quella degli altri). Ma anche in questo modo andiamo poco avanti, perché si tratta pur sempre di una libertà limitata, circoscritta, per la quale l’altro è solo un limite negativo.
Invece che pretesto per vivere secondo l’egoismo, la libertà di Cristo rende possibile vivere il servizio vicendevole mediante l’amore (cf. ivi): e in questo modo di intendere la libertà non c’è nessun limite. Non c’è limite nella libertà di Maria di «servire il Signore» e i fratelli attraverso la propria radicale disponibilità di amore e di dedizione; e l’esito è la pienezza della vita nella quale noi oggi la contempliamo, assunta in cielo e rivestita della gloria del Figlio suo risorto.
Sì: l’«umile serva» del Signore canta per noi, oggi, il cantico della gioia che è frutto di una libertà compiuta nell’amore e nel dono di sé; è il frutto di un servizio che non ha nulla di avvilente, di meschino, perché partecipa dell’amore con il quale Dio stesso, nel suo Figlio, si è donato a noi, perché anche noi fossimo in lui liberati e diventassimo capaci di «camminare nella carità» (cf. Ef 5,2).
Contemplando Maria assunta in cielo, possiamo anche noi rinnovare l’impegno di Giosuè, degli Israeliti, di Maria e di tutti gli amici e amiche di Dio che, guardando a Gesù Cristo, possono dire: «Quanto a noi, vogliamo servire il Signore», accogliendo la sua libertà e facendola diventare dono di vita e salvezza per gli altri, finché tutti saremo partecipi della gloria di Dio e di quella pienezza di vita, nella quale Maria già vive e ci aspetta.