Anniversario della dedicazione della Cattedrale – 2023

Nella vigilia della solennità della dedicazione della Cattedrale di Crema, venerdì 13 gennaio 2023 il vescovo Daniele ha presieduto la Messa, alla quale hanno partecipato i sacerdoti, diaconi e fedeli della città. Riportiamo di seguito l’omelia del vescovo.

Lo sappiamo bene: la dedicazione di una chiesa, e in particolare di una cattedrale, o il ricordo di questa dedicazione, è un invito a fermare lo sguardo sulla Chiesa fatta di pietre vive, la Chiesa dei credenti, dei discepoli e delle discepole di Gesù, di cui la cattedrale è segno e casa, la “casa della Chiesa”, appunto, la casa della comunità cristiana.
Del “mistero” della Chiesa – “mistero” perché realtà che ha la sua radice in Dio, e non semplicemente in un progetto umano – si parla spesso più attraverso le immagini, che con discorsi teorici. Provo allora a riprendere le tre immagini che ci sono suggerite dalle letture appena ascoltate, sperando di sostenere così la nostra contemplazione del mistero della Chiesa, del mistero di ciò che siamo, dunque; e anche per sostenere la nostra partecipazione alla vita e alla missione della Chiesa stessa.
Le parole di Gesù, nel vangelo, ci suggeriscono una prima immagine, quella del mercato. Non è, di per sé, qualcosa di negativo: anche gli scambi che si facevano nel tempio di Gerusalemme, o per meglio dire nei suoi cortili, erano necessari alla vita del tempio stesso. Ma un conto, evidentemente, è un’attività “di servizio”, un altro conto che questa attività finisca per soffocare quel che doveva essere il significato e il ruolo fondamentale del tempio.
È così anche per la nostra vita: abbiamo bisogno di luoghi come i mercati, nelle loro diverse forme – chi ha mai visitato un mercato in Africa, in Oriente, in America Latina, sa benissimo di quali luoghi fondamentali di vita e di incontro si tratti; e qualcosa di questo rimane anche tra noi. Tutt’altro conto è fare del “mercato”, cioè, in definitiva, dello scambio economico, il principio che regge tutta la nostra vita, come accade nella nostra società.
E questo si insinua anche nella vita delle comunità cristiane, che sono, certo, anche luogo di incontro, di scambio, di condivisione… Guai se mancasse questa dimensione alle nostre comunità. Il rischio, però, è che i “criteri di mercato” diventino quelli dominanti: o perché si va alla ricerca dell’“offerta migliore”, o perché si vede nella parrocchia una “stazione di servizio”, o perché si perde di vista la gratuità evangelica anche quando ci si impegna al servizio della comunità… o anche semplicemente perché gli scambi tra di noi – di parole, di azioni, di impegni… – non aiutano ad alzare lo sguardo, non aiutano a incontrare Dio e il suo amore, ma diventano persino un ostacolo, una controtestimonianza.

La seconda immagine è quella del tempio, che troviamo sia nel vangelo, sia nelle parole di Paolo ai Corinzi (cf. II lettura). È certo un’immagine importante, a patto però di intenderla bene: di intenderla appunto nella direzione indicata da Gesù che – come spiega l’evangelista – parla del «tempio del suo corpo» (Gv 2,21), e in quella indicata da Paolo, che dice: «Voi siete tempio di Dio» (1Cor 3,16).
Le cose non si contraddicono: Gesù, nella sua umanità che è diventata abitazione piena di Dio,  è il tempio definitivo di Dio, il “luogo” in cui Dio ha preso dimora in mezzo agli uomini. E questo tempio continua a essere presente nel mondo in quel tempio che sono i discepoli di Gesù, la comunità dei credenti.
Per questo l’immagine del tempio, come ricorda Paolo, pone subito alle nostre comunità un esame di coscienza: qual è il loro fondamento? La risposta dell’apostolo è chiara: non ci può essere altro fondamento, se non Gesù Cristo! Solo intorno a lui si costruisce l’unità di una comunità; solo testimoniando lui onoriamo questa nostra identità e siamo custoditi dal rischio di mettere al centro noi stessi.
Davvero, come dice altrove Paolo, noi non annunciamo noi stessi, ma Cristo Gesù Signore (cf. 2Cor 4,5): e il nostro unico interesse, come comunità dei suoi discepoli, è di attestare (con la nostra vita, prima di tutto) la possibilità di vita piena, che in lui Dio offre a tutti.

Per capire meglio come ciò si può realizzare, ci viene in aiuto la terza immagine, che prendiamo dalle parole di Ezechiele. Il profeta vede scaturire dal tempio (è un tempio che ancora non esiste, è in sogno, in visione) una sorgente d’acqua, che rapidamente si ingrossa fino a diventare un fiume navigabile, le cui acque sono fonte di vita.
Raccogliamo, appunto, questa immagine della sorgente, che anche il santo papa Giovanni XXIII aveva utilizzato, paragonando la Chiesa alla fontana del villaggio. Non voleva tanto sottolineare la centralità della Chiesa (nella nostra società, la Chiesa si trova sempre più ai margini, e lo sperimentiamo anche noi), quanto il fatto che da essa tutti possono attingere.
L’immagine della Chiesa come sorgente ci suggerisce che nella Chiesa una fonte di vita, prima di tutto ricevuta – perché la Chiesa non vive da sé, ma per il dono di amore del Signore Gesù, morto e risorto – diventa poi fonte di dono anche per altri.
Perché, insomma, la Chiesa esiste? Prima di tutto, esiste perché Dio è la sua fonte di vita, in Cristo e nello Spirito; esiste perché riceve da Dio ciò che è essenziale per la sua vita, e cioè il suo dono di amore e di salvezza. Ed esiste, la Chiesa, perché questo dono non sia trattenuto, ma possa essere comunicato, trasmesso a tutti.
La Chiesa non esiste per sé, ma esiste per altri. Possiamo dire che esiste per il mondo: non perché viva dei criteri del mondo, ma perché o prende parte alla volontà di vita piena, di salvezza e di gioia che Dio desidera per il mondo, o altrimenti la Chiesa muore.
La sorgente è tale perché lascia scorrere la sua acqua, non la imprigiona in sé stessa: tanto più se quest’acqua è la vita stessa di Dio per l’uomo e per il mondo: un’acqua di cui la Chiesa stessa vive quanto più la fa scorrere verso il mondo.
La cattedrale, come pure le chiese delle nostre parrocchie, della nostra città, non sono solo luoghi in cui entrare e radunarsi, come stiamo facendo adesso. Sono anche luoghi per uscire: ma, appunto, per diventare anche noi, Chiesa vivente, Chiesa dei discepoli, portatori dell’acqua viva che scaturisce dal Risorto.
Ci conceda il Signore questa grazia, nella celebrazione della solennità della dedicazione di questa Cattedrale. Ci conceda di essere Chiesa vivente che, fondata e radicata in Cristo, non si ripiega su di sé, ma trova la sua gioia nel far giungere a tutti l’acqua viva dello Spirito, che zampilla per la vita eterna.