150° della presenza delle Suore del Buon Pastore a Crema

Lunedì 23 agosto 2021, presso l’Istituto delle Suore del Buon Pastore di Crema, il vescovo Daniele ha presieduto l’Eucaristia in occasione dei 150 della presenza delle Suore del Buon Pastore nella Chiesa di Crema. Riportiamo di seguito l’omelia della Messa.

Sono passati centocinquanta anni, da quando arrivarono a Crema, nel 1871, le prime Suore provenienti dalla Casa cremonese delle “Sorelle Penitenti di S. Maria Maddalena”, fondate nel 1833 a Torino dalla Marchesa Giulia Colbert.
Questo numero di centocinquanta mi ha fatto pensare ai Salmi, che sono appunto centocinquanta: e che sono come una grande e variegata modulazione di lode, rendimento di grazie, supplica, lamento, canto e danza per ciò che il popolo di Israele ha sperimentato nella sua storia di alleanza con Dio; lode, rendimento di grazie, supplica ecc., che a sua volta la Chiesa ha ripreso e tuttora innalza a Dio nel suo pellegrinaggio terreno; seguendo, in questo, l’esempio della Vergine Maria, la prima cantante – o forse dovremmo dire «cantautrice» cristiana – il cui Magnificat, ascoltato poco fa nel Vangelo, è appunto intessuto delle reminiscenze dei salmi, dei «canti di lode dei padri» (e delle madri, dovremmo aggiungere… cf. Sap 18,9) di Israele.
Potessimo ripercorrere ciascuno di questi centocinquanta anni, troveremmo senz’altro nei Salmi la parola giusta per tutto quello che vi è accaduto, e che solo in parte possiamo ricostruire – come è stato fatto, ad esempio, per alcuni di questi anni, grazie alla pubblicazione della Cronaca degli anni 1940-46; molto, la maggior parte, certamente, è rimasto solo nella memoria di chi l’ha vissuto; molto è sicuramente andato perduto, almeno nella memoria umana; nulla, di sicuro, si è perso davanti a Dio.
Come dicono ripetutamente i Salmi, il Dio in cui crediamo è il Dio che «si ricorda sempre della sua alleanza» (cf. Sal 105,8; 106,45; 111,5), della sua promessa (cf. 105,42), del suo amore fedele (cf. 98,3); si ricorda di noi, anche e anzi in particolare nelle nostre situazioni di umiliazione e distretta (cf. 136,23); non dimentica il grido dei poveri (cf. 9,13).
Così, questa Eucaristia di rendimento di grazie e anche di ricordo di questo secolo e mezzo, è prima di tutto riconoscimento del Dio che non ci ha mai dimenticato e non ci dimentica: non ha dimenticato e non dimentica questo Istituto, le Suore che ne hanno fatto parte; non lo ha dimenticato né lo dimentica, quali che siano state le vicende storiche, belle o tragiche, liete o dolorose, di tutto questo tempo.
Certo, mi immagino che in questi anni le nostre suore siano state attraversate, forse più di una volta, dal dubbio, dall’incertezza: Dio ci ha dimenticato, non si prende cura di noi… Se hanno pregato con i Salmi, come certamente hanno fatto, le loro labbra hanno dato voce anche a queste domande; sono domande che sgorgano spesso (per lo più, forse, senza arrivare alle labbra) dal cuore dell’uomo e della donna, specialmente quelli e quelle più provate, più misere e povere – come appunto in particolare le donne «pericolanti» e «pericolate», per le quali Giulia Colbert aveva istituito la sua Fondazione.
«Fino a quando, Signore, continuerai a dimenticarmi?» (13,2); «Dirò a Dio: “Mia roccia! Perché mi hai dimenticato?» (42,10); «Perché nascondi il tuo volto, dimentichi la nostra miseria e oppressione?» (44,25)… Si potrebbero moltiplicare le citazioni, per dire che i centocinquanta Salmi – e la Parola di Dio in generale – ospita anche tutti i nostri lamenti, le nostre recriminazioni, le nostre difficoltà a comprendere ciò che succede; nulla è estraneo a Dio, di ciò che è stato vissuto in tutto questo tempo.
Si capisce anche per questo l’esortazione che Paolo rivolge ai Colossesi: «Con ogni sapienza istruitevi e ammonitevi a vicenda con salmi, inni e canti ispirati, con gratitudine, cantando a Dio nei vostri cuori. E qualunque cosa facciate, in parole e in opere, tutto avvenga nel nome del Signore Gesù, rendendo grazie per mezzo di lui a Dio Padre» (Col 3,16 s.: seconda lettura).
«Con ogni sapienza istruitevi e ammonitevi a vicenda con salmi, inni e canti ispirati»: non si tratta, evidentemente, solo di star lì a cantare per passare il tempo; si tratta, piuttosto, di chiedere quella sapienza che ci permette di rileggere la nostra storia – e la storia dell’Istituto delle Suore del Buon Pastore a Crema, in questo caso – non semplicemente secondo una logica umana, ma lasciandola illuminare dalla Parola che viene da Dio: per scoprire, in questo modo, che davvero «tutto è grazia»; per riconoscere che il Dio che nulla dimentica, è anche il Dio che distoglie lo sguardo dai nostri peccati (cf. Sal 51,11), che perdona le nostre colpe; il Dio che a volte ci sembra silenzioso, addormentato (cf. 44,24), è il Dio che vede «l’affanno e il dolore», li guarda e li prende nelle sue mani (cf. 10,14); è il Dio al quale si abbandona il misero, il Dio che sostiene l’orfano e la vedova (cf. 146,9) e che ci chiama, nella sua benevolenza, a partecipare di questa sua azione di salvezza.
Ringraziare per centocinquant’anni di presenza e vita apostolica vuol dire anche riconoscere che Dio ha reso salda «per noi l’opera delle nostre mani» (cf. 90,17), l’opera delle mani – e non solo: ma del cuore, della testa, di tutta una vita… – delle nostre Suore, opera che, via via, si è espressa nelle parrocchie, nella scuola, nella cura per le giovani e per le famiglie, specie quelle più in difficoltà, come pure a servizio del Seminario, dei Vescovi, dei poveri, di tutta la nostra Chiesa, insomma, e non solo.
E così, sentiamo le suore di ieri e di oggi che, attingendo ancora ai Salmi, dicono: «Renderò grazie al Signore con tutto il cuore, / tra gli uomini retti riuniti in assemblea. / Grandi sono le opere del Signore: / le ricerchino coloro che le amano. / Il suo agire è splendido e maestoso, / la sua giustizia rimane per sempre. / Ha lasciato un ricordo delle sue meraviglie: / misericordioso e pietoso è il Signore» (111,1-4).
Ma prima ancora di tutto questo, prima ancora di riconoscere quanto sono grandi le opere del Signore, comprese quelle che sono state realizzate grazie alla dedizione e alla creatività generosa delle nostre Suore del Buon Pastore, credo che loro, oggi come ieri, vorrebbero soprattutto rendere grazie a Dio per il dono della sua chiamata.
Credo che vorrebbero dire: «Io ti rendo grazie: hai fatto di me una meraviglia stupenda» (139,14), nonostante la mia povertà, nonostante le mie miserie; mi hai fatto la grazia di consentire alla tua chiamata, mi hai permesso di dirti: «Ecco, io vengo, per fare la tua volontà» (cf. 40,8-9). Mi hai fatto udire questa tua parola: «Ascolta, figlia, guarda, porgi l’orecchio: / dimentica il tuo popolo e la casa di tuo padre; / il re è invaghito della tua bellezza. / È lui il tuo signore: rendigli omaggio» (45,11-12). Ho potuto dirti: «Sei tu, mio Signore, la mia speranza, / la mia fiducia, Signore, fin dalla mia giovinezza» (71,5), quando, rispondendo alla tua chiamata, ho consacrato a te la mia vita; ma anche adesso, «venuta la vecchiaia e i capelli bianchi, o Dio, non abbandonarmi, fino a che io annunci la tua potenza, a tutte le generazioni le tue imprese» (ivi, v. 18).
E così siamo riportati al primo salmo «cristiano», al canto della Vergine che appunto canta la sua esultanza «di generazione in generazione» (cf. Lc 1,50). In questo canto di lode mettiamo, questa sera, anche i centocinquanta anni delle nostre Suore: anch’essi ci attestano la misericordia di Dio e ci invitano a benedirlo con le labbra, e ancora di più con l’adesione a lui di tutta la nostra vita.